Il vagone della memoria
per il Giorno della memoria Franco Isman
Questa mattina, dopo la posa di una corona alla lapide ai deportati monzesi alla stazione, tutti al vagone della memoria all'Arengario: sindaco e amministratori, Aned, Anpi, associazioni d'arma, ferrovieri e tanta, tanta gente. Dalla scala di accesso al vagone hanno parlato, bene e non troppo a lungo, Milena Bracesco, vicepresidente dell'Aned (Associazione nazionale ex deportati) di Sesto S.Giovanni e Monza, figlia di un deportato privo di una gamba, finito proprio per questo al castello di Hartheim dove l'emulo di Mengele, Gerhard Bohne, faceva i suoi efferati esperimenti e il sindaco Roberto Scanagatti. Poi un bellissimo discorso del professor Raffaele Mantegazza dedicato in particolare ai ragazzi, e sapevamo tutti che Mantegazza è bravo.
Ha parlato dell'unicità della Shoah, non tanto per l'enormità dei morti e per l'efferatezza di tutto il progetto, quanto per la premeditata scientificità dello sterminio dell'intero popolo ebraico, oltre che dei rom, degli omosessuali, dei Testimoni di Geova e degli oppositori politici, programmato fin nei minimi particolari e condotto con lucida spietatezza: dall'occultamento del fine ultimo delle deportazioni con la raccomandazione di portare con sé i bagagli e con la promessa di un fantomatico campo giochi per i bambini, fino all'estrema beffa delle raccomandazioni a ricordarsi dove avevano lasciato i vestiti a quelli che dovevano spogliarsi per la doccia, e venivano invece uccisi con il Zyclon B. Ha parlato della scientifica distruzione della personalità dei deportati: dal viaggio disumano e degradante nei carri bestiame, stipati in 50 e più in un angusto vagone, senza cibo, senza acqua per tre, quattro o anche cinque giorni, obbligati a fare in pubblico i propri bisogni in un secchio presto strabordante, obbligati a spogliarsi nudi davanti alle SS, e il pudore a quei tempi era molto più sentito che ai nostri giorni, ai lazzi osceni rivolti alle donne nude, giovani o vecchie che fossero, alla privazione del nome, sostituito da un numero, per gli ebrei tatuato sul braccio, alle condizioni di vita talmente disumane da fomentare discordie fra gli stessi prigionieri. Ha raccontato che le condizioni di vita, materiali e psicologiche, nei lager erano talmente terribili che alle donne giovani in poche settimane si fermavano le mestruazioni. Si è spesso appoggiato alla lettura di brani del fondamentale libro Se questo è un uomo di Primo Levi ed ha raccontato come anche ai sopravissuti rimanesse un marchio indelebile causato dalla schiavitù nei lager, citando al proposito il suicidio di Primo Levi, episodio al quale chi scrive non ha mai creduto.
Nel pomeriggio, sabato pomeriggio, giornata di occupazione del centro della città da parte dei monzesi e dei brianzoli calati a fare shopping approfittando dei saldi, assalto anche al vagone: una lunga e costante fila per potervi salire e vedere gli ultimi tabelloni della mostra Sterminio in Europa http://www.deportati.it/sterminioinEuropa.html?mmc=16 per la gran parte esposta sotto il porticato dell'Arengario. Molte centinaia di persone, probabilmente un migliaio e più, e se anche la molla era la curiosità, l'impatto è stato grande e salutare. Domenica si replica e per lunedì si sono prenotate numerose scolaresche, ma ne sono già venute sabato. Franco Isman
EVENTUALI COMMENTI lettere@arengario.net Commenti anonimi non saranno pubblicati 26 gennaio 2013 |